I lipidi presenti nel sangue sono rappresentati dal colesterolo (che può trovarsi in forma libera o esterificata) e dai trigliceridi (fondamentale riserva energetica per il nostro organismo).
I lipidi sono molecole idrofobiche (non si sciolgono in ambiente acquoso), quindi nel sangue si trovano legati alle proteine carrier, cioè trasportatrici, formando 4 diverse frazioni di lipoproteine (proteine legate ai lipidi): i chilomicroni, le proteine a bassissima densità (VLDL = Very Low Density Lipoprotein), le lipoproteine a bassa densità (LDL = Low Density Lipoprotein) e le HDL (HDL = High Density Lipoprotein). Quando queste proteine hanno portato a termine il loro compito, ovvero quello di trasportare i lipidi nelle cellule, e in generale nei distretti in cui essi sono necessari, vengono internalizzate dagli epatociti e degradate dai loro enzimi.
Il colesterolo è una molecola ubiquitaria, essenziale per la cellula, componente del doppio strato lipidico delle membrane plasmatiche. Un precursore del colesterolo è convertito nella forma attiva della vitamina D. Inoltre, dal colesterolo, nel fegato, vengono sintetizzati i sali biliari e gli ormoni steroidei: il progesterone, che rappresenta un intermedio chiave, è convertito in androgeni ed estrogeni nelle gonadi e in cortisolo e aldosterone nella corteccia surrenale.
Il fabbisogno medio di colesterolo (non considerando casi particolari estremi di patologie metaboliche) è di circa 1 g. Esso deriva per il 20% dalla dieta e per il resto dalla biosintesi (cioè dalla sintesi endogena). Mentre il colesterolo alimentare è facilmente smaltito, assorbito dalle cellule epiteliali e incorporato nei chilomicroni che lo conducono al fegato, il colesterolo prodotto dalla sintesi ex novo, che avviene nel fegato, è il più pericoloso. Questa produzione endogena parte dall’acetil-CoA e, in una catena di reazioni, genera il colesterolo, composto da 27 atomi di carbonio.
Non è affatto il colesterolo introdotto con l’alimentazione ad aumentare la colesterolemia, quanto piuttosto il consumo di alcuni acidi grassi saturi (SFA) presenti negli alimenti.
Se tutto è in equilibrio nel nostro organismo, più assumiamo colesterolo e meno ne produciamo, mantenendo il giusto equilibrio di questa molecola nel nostro corpo. Tuttavia se questo equilibrio viene interrotto le cause possono essere molteplici. Oltre a ipercolesterolemia familiare, che conta un caso ogni 500 abitanti, il colesterolo alto può essere attribuito a particolari malattie come il diabete, a problemi ormonali alla tiroide, al fumo, all’assunzione di farmaci, a una scarsa attività fisica e alla dieta (con troppe calorie, troppi grassi saturi o trans, troppi zuccheri semplici). In ogni caso, la correzione dello stile di vita può essere risolutiva. Si è visto che l’LDL ossidato risulta essere la principale causa della formazione della placca aterosclerotica (che si deposita nella tonaca intima delle arterie provocandone l’occlusione con conseguente infarto miocardico o cerebrale), motivo per cui diventa particolarmente importante l’assunzione di alimenti antiossidanti (come le vitamine presenti nella frutta, soprattutto nelle bacche, e principalmente nella verdura).
Gli acidi grassi saturi della dieta, invece, innalzano la colesterolemia, quindi il rischio cardiovascolare. Gli acidi grassi saturi si trovano soprattutto in formaggi, grasso animale e in alcuni oli vegetali (di cocco e di palma). Quelli più pericolosi sono il palmitico (presente nell’olio di palma) e il miristico (contenuto in burro, panna e formaggi). Anche il laurico (abbondante nei latticini e nell’olio di cocco) innalza il colesterolo totale.
Occorre fare moltissima attenzione agli oli vegetali utilizzati nelle industrie alimentari, soprattutto nella preparazione di dolciumi e prodotti da forno. Gli acidi grassi saturi si possono ottenere per idrogenazione, procedimento che avviene, ad esempio, nella produzione della margarina. Gli oli industriali, definiti anche “trans”, aumentano i livelli di colesterolo LDL, riducendo i livelli di colesterolo HDL. Le HDL sono le lipoproteine che sottraggono colesterolo libero, lo esterificano a spese delle lecitine e lo portano al fegato. Le lecitine sono particolarmente importanti in questo processo ed è il motivo per cui mangiare le uova (ovviamente con moderazione nelle quantità) non è pericoloso, in quanto esse contengono colesterolo, ma anche lecitine (dalle quali, per etimologia deriva proprio l’espressione “tuorlo d’uovo”) che aiutano ad eliminare il colesterolo stesso dal circolo sanguigno.
Ruolo chiave svolgono gli acidi grassi polinsaturi, contenuti negli oli vegetali: essi riducono i livelli plasmatici delle LDL. Esistono diversi tipi di acidi polinsaturi. Gli omega 6, racchiusi nei semi di girasole, in noci, arachidi, mandorle, che, oltre a ridurre le LDL, abbassano leggermente anche il colesterolo buono HDL. L’acido oleico (dell’olio di oliva) è un omega 9, abbassa il colesterolo LDL, ma non alza la percentuale di HDL. Gli acidi grassi polinsaturi omega-3, presenti in pesce e semi di lino, abbassano infine i livelli plasmatici di trigliceridi e aiutano a mantenere l’equilibrio tra omega 6 e omega 3 che serve a tenere sotto controllo fattori proinfiammatori e antinfiammatori. (Il rapporto tra omega 6 e omega 3 dovrebbe essere compreso tra 4:1 o 8:1 e non sbilanciato a favore degli omega 6). Si ricordi anche che la sintesi ex novo dei trigliceridi, che avviene nel fegato, aumenta dopo un pasto abbondante, ad alto carico glicemico e molto ricco di glucidi, carboidrati, non ben bilanciati.
In sintesi, quali sono le indicazioni per far diminuire i livelli di colesterolo, ma soprattutto di trigliceridi, nel sangue e per rendere efficace l’utilizzo di queste molecole nelle cellule?
Occorre far attenzione a ridurre gli alimenti ricchi di grassi saturi e di grassi trans, cioè latticini e prodotti da forno che contengono burro e oli scadenti, aumentare, invece, la quantità di fibre alimentari, in particolare quelle presenti in bacche, ma soprattutto in verdura e legumi, ma si rende necessario anche diminuire il peso corporeo, se si è in sovrappeso. In particolare è utilissimo mangiare i legumi (fagioli, lenticchie, piselli, ceci, fave) da 2 a 4 volte nell’arco della settimana, in quanto essi mantengono livelli adeguati di colesterolo, grazie alle fibre e agli steroli vegetali che ne riducono l’assorbimento a livello intestinale. Le fibre contenute negli ortaggi e nei legumi creano una sorta di barriera fisica all’assorbimento del grasso.
Se di tanto in tanto si sceglie di mangiare un derivato del latte, si tenga presente che il formaggio di capra è tendenzialmente il meno grasso e che quello con la più bassa percentuale di colesterolo e grassi saturi è il caprino fresco.
Occorre fare anche molta attenzione alla cottura degli alimenti: la bollitura, la stufatura, il vapore, la cottura in padella antiaderente, in forno tradizionale o microonde e, infine, la grigliatura sono tecniche di cottura chiaramente migliori della frittura.
Infine è utile fare un cenno anche al funzionamento della colecisti e alla sua attività di supporto al fegato.
Il fegato produce un litro di bile al giorno, la quale raggiunge il duodeno per aiutare l’assimilazione dei grassi e per eliminare il colesterolo.
Quando la bile prodotta è in eccesso, si accumula nella cistifellea. Quest’organo assorbe una parte di acqua e mantiene la bile in forma concentrata per poi rimetterla nel circolo digestivo quando essa si rende necessaria. Occorre aiutare anche la contrazione della cistifellea per evitare questo ricircolo della bile e per agevolarne l’espulsione e soprattutto è necessario mantenere la cistifellea in buona salute e in piena funzionalità con alimenti come: carciofo, tarassaco, ortica, cardo mariano, rosmarino, zenzero, tè verde, olio di semi di lino, di vinacciolo, zenzero, linfa ottenuta dalla spremitura delle foglie di fico d’India. Ad ogni modo, l’equilibrio della cistifellea è estremamente delicato e ampiamente studiato in nutrizione e in diversi tipi di medicina (soprattutto non convenzionale, come la medicina cinese), dal momento che la funzionalità di quest’organo include fattori umorali, psichici e, infine, fisiologici.