A Audrey & Grace,
protettrici del nostro branco
Il cane (Canis lupus familiaris Linnaeus, 1758) è un mammifero dell’ordine Carnivora, della famiglia dei Canidi. Con la domesticazione, si è distinto dal lupo di cui è probabilmente una sottospecie (o, secondo alcuni autori, una forma neotenica). Konrad Lorenz ipotizzava, invece, una forma di derivazione sia dal lupo che dallo sciacallo dorato, due specie presenti geneticamente in percentuali diverse nelle varie razze canine e rintracciabili, sempre secondo l’etologo austriaco, nel comportamento stesso dei vari esemplari (Lorenz, 1949).
Il cane è infatti dotato di una plasticità fenotipica molto variabile, dalla quale si originano tutte le diverse razze. Ha avuto antichissimi e molteplici impieghi nelle attività umane: conduzione delle greggi, caccia (in quel caso, in napoletano veniva denominato “caccione”, dal latino captiare, prendere, catturare, o “restoso”, dal lat. tardo, aresta, da arista, appendice filiforme di molte graminacee, setola o pelo, forse anche in riferimento al pelo folto e ispido), battaglie, guardia e tutela delle abitazioni e del territorio, presa e ovviamente compagnia (Soppelsa, DZN, 2016).
Volendo andare ancora più a fondo nelle origini etimologiche del cane, si può risalire alla radice indoeuropea kwon, diventato ku in tocario – nome convenzionale di una lingua indoeuropea parlata nel 1° millennio d.C. nel Turkestan orientale – e çvā– in sanscrito (Devoto, 1962).
Gli studi genetici e i ritrovamenti paleontologici fanno ritenere valido il riconoscimento del lupo grigio (Canis lupus) come capostipite del cane domestico, la sottospecie nota appunto come Canis lupus familiaris. Tra le ipotesi più valide sulla domesticazione vi è quella di una selezione naturale di esemplari meno incerti nei confronti dei rapporti con l’uomo, che avrebbero cominciato ad avvicinarsi ai primi cacciatori nomadi, nutrendosi di ciò che restava dei loro pasti e ricambiando con una preziosa sorveglianza dell’insediamento umano, presso cui essi si stabilivano: è questa la teoria del domesticamento naturale del lupo dei coniugi Ray e Lorna Coppinger, biologi. In questo modo potrebbe essere iniziata la convivenza tra due specie di predatori, con reciproci e innegabili vantaggi.
IMG 1 – Le pitture rupestri del Tadrart Acacus, area montuosa del Sahara che si trova nel Fezzan, nella parte sud-ovest della Libia, vicino alla città di Ghat,. Sono datate tra il 12.000 a.C. e il 100 d.C.
Dopo l’inizio di questa forma di coabitazione, nei millenni, il cane è diventato un animale così essenziale per l’uomo da generare, mediante il richiamo simbolico, talmente tanti elementi, che la loro sintesi risulta impresa particolarmente ardua. Non si tratta più di un animale selvatico con cui i gruppi umani interagiscono per leggere segnali divini o comprendere la Natura, ma, in questo caso, si tratta anche di un animale che richiama una serie di elementi utili all’uomo per comprendere la sua stessa natura e le sue potenzialità, intese anche in termini di possibilità di accesso a mondi sovrasensibili.
IMG 2 Raffigurazione di un cane nella cosiddetta Tomba di Khui, Necropoli reale di Dara, Medio Egitto, Primo periodo intermedio.
In diversi miti il cane è associato alla morte, agli inferi, a un regno invisibile abitato da divinità sotterranee. Nel mito, la funzione originaria di questo animale domestico è quella di psicopompo, guida nella morte.
Il cane insegna all’uomo la morte, aver insegnato la fedeltà in vita.
Nell’iconografia egizia, i cinocefali sorvegliano i luoghi sacri, distruggono e imprigionano i nemici della luce. Garm, presso i Germani, sorveglia l’ingresso a Niflheim, il regno dei morti.
I cani son considerati anche in grado di vedere le entità sottili, salvaguardare i loro padroni dai pericoli invisibili, grazie alle loro capacità sensoriali e al loro istinto. I cani neri erano rappresentati come accompagnatori di streghe e maghi, da Faust e da Agrippa von Nettesheim.
“Molti animali hanno virtù naturali tali da renderli assai atti al presagire e al vaticinare”. (Agrippa von Nettesheim, La filosofia occulta,1531).
IMG 3 – Statua di Artemide con cane.
Anche Artemide, Esculapio ed Ermes sono accompagnati da cani, come i santi Uberto, Eustachio e Rocco.
Nell’Antico Egitto, il dio Anubi prende la forma di un grande cane simile allo sciacallo, ricollegando questa forma a una funzione di guida delle anime nell’Aldilà.
Nell’Antico Messico, i cani venivano posti nelle tombe, accanto ai defunti, come animali sacrificali e guide nell’Aldilà.
Nell’Antica Cina, il cane è l’undicesimo segno dello Zodiaco, il suo significato simbolico ha caratteri diversi: deve scacciare i demoni, ma può anche essere portatore di alimenti, come riso o miglio, oppure essere esso stesso fonte di sostentamento con le sue carni. Per la popolazione dello Yao, in Cina meridionale, il cane è progenitore del popolo, incarnando il ruolo di animale totemico.
Il cane aveva importanza mitologica tra i Celti, come accompagnatore di Epona, dea dei cavalli e della caccia. Anche nella mitologia greca, Ecate, divinità della magia e dei trivi, conosciuta anche come Zea, era spesso accompagnata da cani.
Nel culto romano i Lares Praestites – etimologicamente coloro che vengono prima, che presiedono e vigilano – , erano raffigurati con un cane. Il loro altare, poi trasformato in un piccolo tempio, si trovava tra il Foro, il clivo Palatino e le Carine.
I Lares Praestites venivano invocati, nell’antico carme arvale, insieme a Marte, a cui si chiedeva la prosperità delle campagne. (Corrias, 2015)
IMG 4 – Raffigurazione dei lari con cane – Roma, L. Caesius, Denario, 112-111 a.C.
Come simbolo, presente in tutti i miti, in ogni regione e in ogni tradizione, da Oriente e Occidente, da Nord a Sud, il cane è guida, in senso ampio, nella vita, nell’esperienza materiale e sensoriale, ma anche nell’esperienza sottile. È, in altri termini, guida nella vita, ma soprattutto nei passaggi, come quello della morte. Il cane è origine di un passaggio, di una rinascita, ma è connesso a elementi magici che, sempre, in qualche modo, sono in continuità con le percezioni di piani differenti da quello strettamente sensibile.
Il cane è inoltre un grande esempio di domesticazione, processo che consente il controllo sull’elemento istintivo, il dominio di sé, l’autodisciplina, in nome di una fedeltà a un padrone. Il cane ha senso della gerarchia e la rispetta per sua natura, ma non reprime il suo lato naturale e istintivo: semplicemente ha scoperto il modo di dominarlo. In questo è esempio e guida per l’uomo.
IMG 5 – Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento 1591 – Bologna 1666) Diana Cacciatrice, Olio su tela, 97 x 121 cm, Roma, Fondazione Sorgente Group
Il cane offre protezione, fedeltà, spirito di sacrificio verso il padrone, capacità di percepire energie spirituali che l’uomo non è capace di percepire. Tutte queste qualità gli consentono di ricoprire il ruolo di guida nel passaggio più importante nella vita dell’uomo, quello della morte.
Per questi motivi, i cani sono rappresentati nell’iconografia delle tombe e dei sarcofagi di cavalieri, condottieri, guerrieri e uomini appartenenti all’aristocrazia, sin dai tempi più antichi, fino ad arrivare al Medioevo.
Il cane accompagna la sepoltura dei padroni già nel III millennio a.C., come testimonia un ritrovamento custodito nel Museo Irpino di Avellino, nel nucleo espositivo costituito dai reperti provenienti dalla necropoli preistorica di Madonna delle Grazie, nel territorio di Mirabella Eclano (AV), che si inserisce nel complesso mosaico delle testimonianze relative alla presenza in Irpinia della cultura eneolitica cosiddetta del “Gaudo” (dal nome della contrada Gaudo a Paestum, luogo dei primi ritrovamenti assimilabili a questa facies culturale), del III millennio a.C. Tra le sepolture a una o due celle scavate nel tufo, campeggia la “Tomba del Capo Tribù”, rinvenuta negli anni ‘60 da Oscar G. Onorato. Accanto al defunto in posizione rannicchiata sono visibili lo scheletro di un cane, un ricco corredo di vasi, armi in selce, oggetti in metallo e un bastone in pietra spezzato in due parti, probabile bastone di comando, simbolo del potere del capo.
IMG 6 – Tomba del Capo Tribù, Museo Irpino, Avellino.
Altri esempi di sepolture sono i sarcofagi del XV secolo – ma ne esistono testimonianze anche più antiche – in cui venivano deposti i corpi dei cavalieri, raffigurati spesso con il loro cane ai piedi.
IMG 7 -Milano, Castello sforzesco – Tomba di cavaliere (sec. XV)
I cani accompagnano anche figure di divinità o di maghi, che necessitano di un elemento di connessione con le energie non visibili, con un elemento naturale sul quale sia gli Dei che i maghi desiderano imporre il loro dominio.
Ripercorrendo le testimonianze epiche tradizionali e antiche, anche i versi dell’Odissea celebrano una delle più nobili e fedeli figure di Canis lupus familiaris: Argo, il cane di Ulisse, unico in grado di riconoscere il suo amato padrone ritornato dopo anni nella sua patria. Il regale Ulisse riconosciuto dal regale Argo.
Così dicean tra lor, quando Argo, il cane,
Ch’ivi giacea, del pazïente Ulisse,
La testa, ed ambo sollevò gli orecchi.
Nutrillo un giorno di sua man l’eroe,
Ma còrne, spinto dal suo fato a Troia,
Poco frutto poté. Bensì condurlo
Contra i lepri, ed i cervi, e le silvestri
Capre solea la gioventù robusta.
[…]
Ed Argo, il fido can, poscia che visto
Ebbe dopo dieci anni e dieci Ulisse,
gli occhi nel sonno della morte chiuse. (Odissea, Libro XVII).
Nel rapporto tra uomo e cane vi è reciproco scambio, condivisione di pasti, spazi, frammenti di esistenza e percezioni che ne fanno un animale per molti aspetti unico per l’uomo. La volontà di collaborazione del cane verso il padrone, desiderio che talvolta vince le pulsioni istintive, lo rende particolarmente adatto alla sua rappresentazione simbolica.
Nella cultura moderna, tuttavia, l’elemento simbolico si è oscurato, lasciando il posto a una sfera di emotività e sentimentalismo che sempre copre l’originario significato di ogni complesso rapporto tra uomo e animale: questo rapporto, soprattutto per il cane, supera l’aspetto materiale e razionale. Questo oscuramento tipico della cultura del presente, è da imputare anche all’eliminazione della morte nella modernità. Eppure come elemento della vita, il passaggio della morte, per tutti i mortali, segna una chiave di comprensione e di consapevolezza importante della propria esistenza e della vita stessa.
Il simbolo è congiunzione di segni capace di accogliere in sé una molteplicità di significati che vengono racchiusi e sintetizzati. Il simbolismo del cane racchiude tutti questi significati che abbiamo qui cercato di descrivere in dettaglio. In più esiste un percorso di conoscenza reciproca e di percezione in cui il cane accompagna l’uomo – esattamente come i cani che supportano i padroni che perdono il senso della vista – , rendendolo consapevole dell’esistenza di mondi sottili.
Persino dopo la morte, lo spirito del cane continua a vivere nella casa che lo ha accolto, andando al di là delle umane possibilità di comprensione. Non a tutti gli umani è dato comprendere queste dinamiche, soprattutto quando ci si riferisce a umani moderni. L’unione alchemica tra uomo e cane, con la morte, si va sublimando in un legame ancora più profondo e nascosto.
Miseri sono gli umani che trascurano il mondo sottile in cui vivono gli animali, perché in quel mondo non si muore, ma si continua a percorrere sentieri di conoscenza inaccessibili e segreti.
Bibliografia
Konrad Lorenz, L’anello di Re Salomone, Traduzione di Laura Schwarz, Adelphi, Milano, 1967.
Ottavio Soppelsa, Dizionario zoologico napoletano, M.D’Auria Editore, Napoli, 2016.
Giacomo Devoto, Origini indoeuropee, Edizioni di Ar, Padova, 2008.
Agrippa von Nettesheim, La filosofia occulta, vol. 1, cap. LIV; traduzione di Alberto Fidi, Edizioni Mediterranee, Roma, 2007.
Jean Chevalieri, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Volume Primo, BUR, Milano, 1997.
Hans Biedermann, Enciclopedia dei Simboli, Garzanti, Milano, 1999.
Gian Matteo Corrias, Dei e religione dell’Antica Roma, Arkadia, Cagliari, 2015.
Omero, Odissea, traduzione di Rosa Calzecchi Onesti, Einaudi tascabili, 2014.