Si intraprende lo studio della biologia mossi da un dèmone che spinge a non accontentarsi di leggere sui manuali quali siano le leggi della vita e della natura, quanto piuttosto ad osservare. L’osservazione della vita, delle sue leggi, delle sue dinamiche rende un biologo tale. Non un semplice risultato matematico delle nozioni accademiche. Terminati gli anni di università inizia il vero studio, si inizia davvero a fare i conti con quel dèmone che non ci dà pace.
In questo circo mediatico e sanitario della pandemia virale i biologi avrebbero dovuto essere le voci critiche. Avrebbero dovuto opporsi singolarmente e fermamente a tutte le gravi idiozie che i medici da operetta, virologi o immunologi da palcoscenico sbattevano in faccia al pubblico delle trasmissioni televisive. E invece no… (salvo pochi casi). I biologi si sono adattati a rimanere nei loro laboratori, ad analizzare, isolare, amplificare segmenti genici, tenere in piedi lo spettacolo, costretti, sempre più, dal loro inspiegabile senso di inferiorità rispetto ai medici, a sottomettersi ad ogni informazione che giungeva dalle notizie “ufficiali”, senza porsi dubbi, senza sollevare il problema della prevenzione – tranne in rarissimi casi.
Fino a quando non si capirà che la medicina tecnico-industriale e la farmaceutica devono essere di supporto alla terapia nutrizionale e alla medicina naturale – e non viceversa -, il declino dei paesi occidentali sarà inevitabile e inarrestabile. (Esattamente come si impiega un’auto quando il tragitto da compiere è troppo lungo per camminare o uno strumento tecnologico quando le risorse corporee non sono in grado di compiere un lavoro). Se proseguiremo, invece, su questo binario morto, andremo solo verso un indebolimento crescente della popolazione e una maggiore dipendenza nei confronti delle tecnologie farmaceutiche e biomediche.
Siamo in un momento buio per la medicina e per gli studi sulla natura. Non solo non siamo stati in grado, come uomini, di apprendere dalle leggi della vita, ma stiamo perseverando nel commettere gli stessi errori: ritenere la tecnica e le biotecnologie una maniera per controllare i pericoli biologici e vivere “in sicurezza”. La vita non è sicurezza, non lo sarà mai. Non c’è niente di sicuro nel flusso della vita e nei suoi equilibri dinamici.
Ci hanno rinchiuso senza motivo in celle confortevoli, ma isolate dalla realtà, in cui l’unico modo per vedere quello che accadeva fuori era la narrazione che ci veniva imposta dalla televisione e dai mezzi di comunicazione, in cui – ormai dall’inizio di questa epoca pandemica – esiste un’unica voce, comune a giornalisti, politici e tecnici. Siamo stati prima sottoposti a una forma di tortura psicologica e fisica (privandoci, senza alcun motivo valido e scientificamente fondato, dell’aria aperta e del contatto con gli elementi naturali e con i nostri simili) e poi a un trattamento sanitario sperimentale su scala globale. Chiaramente tutto è stato studiato per lasciar sperare nella libertà, dopo uno stato di privazione, per accettare qualsiasi imposizione, anche solo per organizzare eventi pubblici, feste private, convegni, recarsi in luoghi di villeggiatura.
Se le cose stanno così, mi pare chiaro che vi siano dei pericolosi “negazionisti” che ritengono che il sistema immunitario di una persona in salute non sia capace di contrastare i virus e di proteggersi dalle infezioni. Ci sono pericolosi “negazionisti” che, in maniera chiaramente infondata scientificamente, affermano che una condizione di completa efficienza del sistema immunitario e di salute fisica sia meno efficace dell’utilizzo delle mascherine o del vaccino come misura di contrasto alle infezioni virali.
I virus si contrastano ripristinando uno stato di salute e riducendo i fattori di rischio. I virus come il SARS-CoV2 si contrastano con la prevenzione, non come le terapie sperimentali a mRNA. La prevenzione prevede i vaccini come ultima spiaggia e solo quando questi siano stati sottoposti ad adeguata sperimentazione. Nel caso dei preparati farmaceutici sperimentali attualmente approvati dagli enti preposti alla supervisione farmacologica non si può nemmeno parlare di veri e propri vaccini.
Intanto è chiaro come si stia andando verso un regime di dittatura sanitaria, in cui si impone allegramente un obbligo di sottoporsi a un trattamento sanitario ad alcune professioni, nell’ambito della salute, nel pubblico e nel privato, minacciando i lavoratori di licenziamento o sospensione del contratto. Questo è ancora un abuso e una palese mancanza di rispetto verso chi aiuta i propri pazienti in ogni istante della sua vita, ma non può chinare il capo e accettare tutto quello che arriva dalle istituzioni. (Mi perdonerete se non riesco a dire “dall’alto”, perché qui di alto non c’è mai stato nulla). Chiaramente si tratta di misure illegittime, impiegate da questo regime per sottomettere gli italiani con un ricatto e costringerli in modo indiretto a vaccinarsi.
Si prevede anche l’applicazione di un green pass che dia la possibilità di accedere a cerimonie o mezzi di trasporto pubblico, luoghi turistici, strutture pubbliche. Solo chi sarà dotato del lasciapassare, perché vaccinato o immune, potrà usufruire di alcuni servizi o accedere a determinate aree. In pratica, alcuni cittadini avranno dei diritti e altri non li avranno. Tuttavia si pretende di definire democrazia questo stato di dittatura e si pretende di parlare ancora di diritti.
No: la somministrazione di massa dei farmaci sperimentali che dovrebbero fornire immunità nei confronti del nuovo coronavirus non è accettabile per motivi etici, politici, ecologici, biologici e medici.
Stiamo andando verso una rivoluzione biotecnologica in cui i farmaci convenzionali saranno gradualmente sostituiti da quelli a RNA messaggero. Il preparato a mRNA per il nuovo coronavirus SARS-CoV2 aprirà la strada all’immissione sul mercato di ulteriori farmaci di questa specie. Tuttavia, nonostante i divulgatori vogliano convincerci che questi prodotti siano i più efficaci, i più economici e i più sicuri, bisogna anche ammettere che, quando elaboriamo una molecola di RNA messaggero artificiale e la inseriamo nelle nostre cellule, stiamo attivando una rete complessa di informazioni, molte delle quali sono imprevedibili e ancora difficilmente individuabili. Non è un semplice principio chimico attivo quello che inoculiamo nel citoplasma cellulare, è quindi necessario abbandonare la vecchia concezione del farmaco. Per questo motivo, la sperimentazione dovrebbe essere condotta per un periodo più lungo – non più breve, come è avvenuto nel caso dei trial della Pfizer – , in modo da studiare tutte le implicazioni genetiche ed epigenetiche conseguenti alla somministrazione del farmaco. Che cosa potrebbe accadere se questo mRNA arrivasse in cellule cancerogene o mutate o nelle cellule di un soggetto che ha patologie autoimmuni? Ricordiamo che un mRNA non è costituito solo da una regione codificante, ma anche da due regioni non codificanti 5’UTR e 3’UTR. Come interverranno quelle regioni nella regolazione della sintesi proteica della proteina Spike nelle cellule umane? Io ho seri dubbi sulla possibilità di definire sicuro un farmaco che simula l’azione del virus nella cellula ospite, quando ancora non siamo del tutto a conoscenza di tutta la gamma di possibili risposte individuali dei diversi ospiti a questo agente virale.
La biologia è complessità – e spesso incertezza – e semplificarla per discuterne in prima serata, come fanno gli immunologi da palcoscenico, significa soltanto mettere in scena un’illusione per soddisfare e saziare il grosso pubblico.
Inoltre, secondo il principio della pressione selettiva, i vaccini, somministrati in maniera indiscriminata a tutta la popolazione, favoriranno la velocità di mutazione e la selezione divergente (o disruptive selection) nell’agente patogeno.
Ma a nessuno è venuto il dubbio che tutte queste vaccinazioni possano contribuire a rendere più veloci le mutazioni del virus e a favorire la comparsa delle varianti ? I virus si adattano, esattamente come tutte le altre forme viventi. Se facciamo la guerra a questi microrganismi, non possiamo aspettarci che essi si lascino annientare senza difendersi. Purtroppo i virologi e le case farmaceutiche non vedono la questione da un punto di vista ecologico, perché ciò non consentirebbe di incrementare fatturati e guadagni.
In definitiva, non si può accettare una tale imposizione senza alcuna effettiva necessità, soprattutto nel caso di individui sani e che classificabili come soggetti a rischio. Accettando questa sottomissione, anche sotto ricatto, si accetta di far crollare la nostra ultima e definitiva arma di difesa: il nostro corpo. Una volta accettata la penetrazione della barriera corporea – e, nel caso dell’RNA del farmaco sperimentale, perfino la barriera cellulare della membrana citoplasmatica – svanisce ogni possibilità di recuperare sovranità sulle nostre vita e sulla nostra salute.
Il limite corporeo è l’ultimo fronte per il quale combattere.
C’è da domandarsi, ora, cosa accadrà a chi non accetterà il ricatto. Nuove chiusure? Nuove clausure? Nuova privazione dei diritti? Una moderna forma di segregazione sanitaria e sociale?
Chi non accetterà di lasciar cadere l’ultima barriera, dovrà identificarsi alla collettività, esporsi come pericolo pubblico?
Arriveremo all’esposizione di simboli che ci identifichino come pericoli?